Embrionologia di un penalista |
Scritto da Administrator | |
sabato 08 luglio 2006 | |
Il “codice civile”, il compendio delle leggi che ordina giuridicamente le facoltà “civili” degli individui, o di insiemi di individui ( “associazioni” etc.), disegnandone la “persona” ( le “persone fisiche”: Libro I, Titolo I) per darle “capacità giuridica” (attitudine ad essere intestataria di diritti “civili”), postula che:
sia nata (da parto naturale o artificiale); non (ancora) nata: sia (al meno ) “concepita” (eloquentemente, da coeptum da capere ), dal “grembo femminile” e (comunque) nasca; sia viva ( respiri, o possa respirare, da sè); ( e dunque) abbia “corpo” (anche quale oggetto, pur non illimitato, presente o futuro, di suo potere giuridico); abbia “prenome” e “cognome” (vulgo: “nome”). E per darle “capacità di agire” ( attitudine ad “agire” i diritti intestati traverso la “capacità giuridica”, postula che: abbia “maggiore età” ( e non sia fosse “menomata”, da “provvedimenti” giuridici, o da “incapacità naturali”: infermità mentali, etc.). Balza evidente, da questa “codificazione” (“semantica” e “ontica” e “deontica”) della “persona”, che l’embrione non “concepito” (esterno al “grembo”), non è tale, e non “ha diritti” (non avendo né potendo avere “capacità giuridica” o “capacità di agire”).
Il “codice penale”, il compendio delle leggi che inibisce giuridicamente le “condotte” degli individui, o di insiemi di individui (concorsi di persone in reati, etc.) a pro’ di altri (o di altro), disegnando la “persona” di questi (Libro II, Titolo XII) postula: (tutto quanto postulato dal “codice civile”, e inoltre) che: sia “feto durante il parto” o “neonato immediatamente dopo il parto”: nell”infanticidio” (prima del parto, e durante il “parto prematuro”, nella “interruzione” [“involontaria” o “volontaria”] “della gravidanza”, l’oggetto di questa: “embrione” fino al secondo mese, o al terzo [detto anche “prefeto”], poi “feto”, è detto “concepito”, mai “persona”, nella legge 194/’78); sia “uomo” (dopo che sia stato “infante”): nell’”omicidio”, o nell’”istigazione o l’aiuto al suicidio”; sia “incolume” ( nel “corpo” e nella “mente” ): nelle “percosse” o nella “lesione”; abbia “onore” o “reputazione”: nella “ingiuria” o nella “diffamazione”; abbia “personalità individuale”: nella “riduzione in schiavitù” (o simile); abbia “libertà personale”, compresa la “libertà sessuale”: nei delitti che la offendono (“sequestro di persona”, “arresto illegale”, “violenza sessuale” etc.); abbia “libertà morale”: nella “violenza privata”. Disegno, della persona “offesa”, si vede, copioso; pari, d’altronde, a quello della persona che (la) “offende”, e che il “codice” inibisce o colpisce ( codice, non sfugga, che difende offendendo, senza timore, logico, di contraddizione, o, “strategico”, di sconfitta!), della quale postula che: sia al meno quattordicenne, e, non ancora diciottenne: sia capace “ di intendere e di volere” (quanto faccia), per accertamento, della “maturità” fisiopsichica e culturale, da compiersi ogni volta che sia accusato; dopo: sia capace “di intendere e di volere” quante volte paia immune da infermità di mente (dalla più varia patogenesi); abbia “coscienza e volontà” di quanto agisca, e “intenzione” o almeno “intuizione” (etc.) di quanto cagioni; sia passibile di pena “detentiva”, quante volte sia immune da ( altre) infermità. Disegno, si vede, non meno copioso, della persona che “offende”, cui è data “capacità giuridica penale” ben dopo la “capacità giuridica civile”; e “capacità di agire penale” (al meno “sulla carta”) più densa (fisiopsichicamente, culturalmente) della “capacità di agire civile”.
Balza evidente, da questa “codificazione” (“semantica” e “ontica” e “deontica”) della persona “offesa” e di quella che “offende”, che l’embrione non “concepito” non è tale (anzi, deve essere all’incirca quindicenne per che divenga “persona che offende”) : non ha diritto ad essere difeso, né dovere di patire di essere offeso (punito).
Dunque, la legge 40/’04 non potrebbe non essere stata innovativa, dell’ordinamento giuridico “còndito” ( civile, penale: generale), ove avesse disegnato l’embrione (sia o no “concepito”) come “persona”. Peraltro, sarebbe stata, etimologicamente, assai trasgressiva, giacchè se, “persona”, definì la maschera di scena che gli ”attori” indossavano, per annunciare mimicamente, fin dall’”entrata”, muti, le “parti” ( tratte “dalla vita reale”) che avrebbero recitato, lo “strafalcione” sarebbe stato enorme (per quanto, dai più in verità, inavvertito).
Ma la legge non lo ha fatto. Laddove lo fa, (si vedrà se) nelle veci, il commento popolare di essa, nelle più zelanti espressioni dei seguaci, metaforeggianti, (spesso) astutamente (il popolo “referendario” offenderebbe la “persona” che la legge difende?), i suoi termini. Mentendoli. Peraltro, quando lo zelo scandalizzi, la metafora è moderata (e col vantaggio dell’irrobustimento “logico”): (se non fosse “persona”) l’embrione non “concepito” (almeno) sarebbe “vita”, o “progetto di vita”, meglio, quando l’intonazione biologica non differenziasse, opportunamente, tra vita e vita, e sonasse “antropologicamente” ambigua: “progetto di vita di uomo”, ovviamente: ben celato, anzi stupefacentemente rimosso, che solo l’ embrione “concepito” (peraltro, fino al quattordicesimo giorno privo di “sistema nervoso”, che imprenderebbe ad agire solo al quarantesimo giorno, quando acquisti “elettricità” e “mente”) progetterebbe realmente l’uomo! Senza che sia, dalla moderazione della metafora, soppesato, tuttavia, il rischio di regressione, logica, all’infinito: anche il gamete sarebbe (ovviamente) “vita”, o “progetto di vita”, e così, via. O che sia soppesato, prima, il rischio di “circolarità” del “ragionamento”, che, riportando all’uomo quale “genitore” del gamete, riporterebbe, di seguito, all’”infante”, al “neonato”, al “feto”, al “prefeto”, all’”embrione……; e l’uomo stesso risulterebbe “progetto di vita” dell’embrione! “Vizio” , del “ragionamento” che, tuttavia (è detto sfrontatamente), conterrebbe una virtù, se, all’”uomo” così “ritrovato”, fosse (logicamente preteso che sia) estesa (non più che) la “tutela” (per la legge in parola) dell’embrione, contro ogni “avversità” (familiare, gruppale, sociale, istituzionale), ogni “ingiustizia” , “privata” e “pubblica”: (esemplificando a proposito) per “codice penale”, che difende offendendo (si cennava) come in questa legge, che difende l’embrione offendendo (mostruosamente) chi lo generi o chi “gli dia assistenza”. E come sempre, proteso per istinto allo “sterminio” (talora anche mortale) delle “persone” che sottometta, nei campi di carcerazione o di concentramento preparati, nell’ “inferno secolare” che li accoglie ( cooperato, per giunta, dall’ “inferno eterno”, nel quale, altro “codex”, getta, defunte, le persone anzidette, e tante altre ancora: tra queste, quelle che non si asterranno dal costituire il quorum referendario, e delle quali, “ad urne chiuse”, si conoscerà tosto “nome e prenome”: una “astensione” che vale quanto la chiusura delle “Camere” legislative, e che pure, a stare ai proclami, sarebbe, nonché “lecita”, doverosa!).
Di siffatte parole metaforiche, si diceva, nemmeno una è nella legge. Esse danno voce alla propaganda, alla giustificazione “naturalistica” (che si appella al “diritto naturale”), alla persuasione, di essa. Che ha fatto , dunque, la legge? L’embrione non “concepito” era ignoto, come si è visto, al “sistema”. Che non lo aveva appreso, ad “oggetto della tutela”, quale “bene”, “valore” (non lo aveva “subbiettivato”), che lo aveva assimilato ad ogni “forma di vita”, “biologandolo”; anche ad opportuna moderazione delle passioni antropocentriche. Ciò che non impediva, ovviamente, l’ammodernamento, e, tanto meno, la ricognizione ( e l’apprensione) di ogni “realtà” (in radice, etimologicamente, “cosa”, sinonimante “bene”, “valore”), che risaltasse. Ammodernamento che, tuttavia, avrebbe implicato, e postulato, movimenti “ontologici” (dell’”essere”), della “realtà”, non “ideologici” (dell’idea, particolare o generale, di essa), e tanto meno “deontologici” (del “dover essere”), di essa, cioè della qualità che, per la sola forza dell’idea, essa, “ex lege”, debba assumere (“deontologia” con o senza “ontologia”, che differenziano, in fondo, il “diritto democratico” dal “diritto autocratico”). Movimenti ontologici che, davvero, non pare fossero avvenuti, a facultare la legge in parola. Sorta, per ciò, senza potere di “ammodernamento”. Mentre sono certamente avvenuti movimenti “deontologici”, con la tras(de)formazione della Direzione, politica, e più latamente culturale, e per ciò “giuridica” (“deontica”), “dello Stato”. Movimenti che, in fatti ( a riprova del differenziatore, cennato, di “democrazia” e “autocrazia” ), hanno indotto la “deriva autoritaria”.
Che ha fatto dunque la legge? Essa, che, come si è visto, non ha “personificato” e nemmeno “vivificato” (dato “vita”, o “progetto di vita”, umani) all’embrione non “concepito”, lo ha, tuttavia, “rivelato”, “laicamente” (quanto ad assetto strumentale: legge formale repubblicana etc) e “religiosamente” (quanto ad assetto mentale: “deontico” prima che “ontico”: quando il “dover essere” preceda “l’essere”, è ”superstizioso”, “posto sopra”, cioè, la “realtà”,, ), elevandolo dall’ ’”inferiore” stato biologico al “superiore” stato “assiologico” (dei “valori”). E ne ha vincolato la produzione, la conservazione, la manipolazione, lo studio…., con la ”forza del diritto”. Non quello “civile”, tuttavia, sempre pragmatico ( disciplina il fare dell’uomo, lo “esprime”, non lo “reprime”; lo “libera”; “punisce” utilitaristicamente, “riparando” le “cose” offese, o “risarcendole” con l’offerta del “patrimonio”, mai della “persona”). Bensì quello “penale”, spesso apragmatico , quando, inibendo il fare dell’uomo a pro’ di “cose” immaginarie o futili, o a lui solo “riservate”, lo reprime; sempre apragmatico ( anche quello delle “persone”, sopra visto), poi che mai ripara le “cose” offese, mai le risarcisce offrendo altro che la “persona”, e in (s)proporzioni così dirompenti (vd. la legislazione penale dell’ultimo ventennio, da quella sulle “erbe”, a quella sulle “pornografie”, a quella sulla “carità” per gli immigrati clandestini, a questa, stessa, sulla “clonazione”) che, al confronto, perfino le “cose” vere e grandi divengono immaginarie o futili. Un “diritto” esperto di “tabù”, lo stratagemma deontologico, e penologico, che dal nulla o quasi nulla trae “idoli”, e ne cela l’inconsistenza punendo il trasgressore: quando non ottenga l’ossequio idolatrico, otterrebbe l’obbedienza diffusa, che avrebbe comunque incardinato, e la giustificazione della “pena” . Questa fonda prodigiosamente l’obbedienza ed il suo oggetto!
Orbene, alla “rivelazione” dell’embrione non “concepito”, alla promiscuitaria “cultura”, laico-religiosa (oggi altezzosamente rampante) che la reclamava, la legge 40/’04 ha offerto la “forza” (notoriamente “armata”) del “diritto penale” del “tabù” . A riprova: fosse vero che il “tabù“, minuziosamente “psicanalizzato”, risulterebbe proibire, “agli altri”, quanto è, o si vuole o si teme che sia, permesso “a sé stessi”; e fosse vero che la partenogenesi ( “clonazione”, che questa legge punisce “requisendo” un terzo circa della vita di chi la attuasse), nell’Antico Testamento, starebbe dietro al “creato”, che venisse dal Creatore. La partenogenesi , e, per giunta, “l’eterologa”, essendo, il Creatore, irriducibile al “creato”, “eterogeneo” ad esso (incidentalmente: né questa legge, né alcuno dei suoi commentatori, parrebbe, tuttora, nemmeno sospettare che l’”eterologa” [da “eterologia”] abbia che fare con la logica, non con la genetica, e che un approccio cognitivo che non si desse rette premesse terminologiche, non ne avrebbe neppure logiche, né genetiche. E nemmeno sospettare che premettendo fecondazione “eterologa”, non “eterogena”, si rischii “in partenza” di cagionare “sacrificio” [metodologico, epistemologico, logico, politico…!]. Quello che teorizzò il “Cardinale Ratzinger”, in una [notevole, per arte esegetica)], Conferenza, dell’anno 1997, di alcune Lettere di Paolo: il “sacrificio” dell’”Eucaristia” , Egli reputò, non avrebbe dovuto intendersi in senso materiale, animale o umano, pur nella simbolizzazione che ne fosse fatta [hoc est corpus meum etc.]; ma in senso logico, di “sacrificio” del Logos. Che la legge del “l’eterologa”, in vero, ha cagionato !); e fosse vero che essa, partenogenesi, starebbe dietro alla “donna”, nella costola dell’”uomo”, del medesimo Testamento; e fosse inoltre vero che lo stesso Eroe del Nuovo Testamento, al quale, d’altronde, fu inibito per crocifissione di chiamarsi Figlio, verrebbe da partenogenesi ( Lui, perfino letteralmente, essendo “Parthenos”, “Vergine”, Sua Madre); fosse tutto ciò vero, è allora vero quanto si sostiene, che il “diritto” offerto dalla legge in questione è quello del tabù (sarebbe vero inoltre tant’altro, qui nemmeno cennabile, poiché non solo l’embrione è stato, da essa, tabuìto).
La quale legge, dunque, offrendo, come si diceva, alla promiscuitaria cultura laico-religiosa la “forza armata” del “diritto penale del tabù”, ha fedelmente ripetuto quanto fece, a suo tempo, “Il Fascio”. In vero, quando esso avrà marciato vittoriosamente, alle “Autorità dello Stato“, fluvialmente proliferate, bramose di idoleggiare davanti l’umanità restante, offrirà, a scolta, la pena capitale (oggi, e tutt’oggi, l’ergastolo), per il benché minimo disturbo, “consumato o tentato” (Libro II, Titolo I del Codice Penale). Alle “Autorità Religiose” (già concessa “l’esclusiva” nello Stato, con i “Patti”), ad ogni oggetto ed ogni atto del loro Culto, offrirà, a scolta, durature pene carcerarie, per il benché minimo disturbo, “consumato o tentato” (Libro II, Titolo IV Codice Penale). Non sarà, peraltro, del tutto ingeneroso verso altri Culti (ivi).
Orbene: non si sarebbe sorpresi se dietro la legge di ora e la legge di allora, essenzialmente simili, stessero Agenzie culturali dissimili? |